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LA REPUBBLICA DELLA COCA: SANTO DOMINGO E’ IL NUOVO ELDORADO DEI NARCOS

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 Guido Olimpio e Gianni Santucci per "Il Corriere della Sera- La Lettura"

«Aquí, bombardean...». La mano dell'investigatore scorre sulla carta geografica appesa alla parete. Sfiora il colore turchese: acque basse. Passa sul verde vivo: coste rigogliose, poco popolate. A Santo Domingo i narcos bombardano. Piccoli aerei da turismo, tipo Cessna. Scaricano balle da cento chili di cocaina (dentro c'è un segnalatore Gps). I complici a terra vanno a recuperarle.

Ancora: «Aquí, bombardean...», penisola tra le città di Pedernales e Barahona. «Aquí, bombardean...»: altra penisola, tra La Romana e Punta Cana. Coste meridionali della Repubblica Dominicana, mete di turisti italiani ed europei, di fronte alla Colombia e al Venezuela.

Dal Centro e dal Sud America non partono però solo aerei. In questo braccio di mare si affollano anche gli scafisti. Il 27 marzo un narco-battello viene intercettato all'isola di Saona: quattro uomini, tre motori da 250 cavalli, un fucile d'assalto M-16. E un carico di 1.909 chili di cocaina. Per capire: un sequestro così, in Italia, sarebbe un record nella storia dell'antidroga.

Nel cuore dei Caraibi, nessuno si scompone. L'ultima indicazione dell'investigatore torna al paradiso dei narco-aerei. «Aquí bombardean mucho...»: costa Nord, tra Luperón e Monte Cristi. Il confine con Haiti è a due passi. L'isola di Tortuga a meno di cento chilometri. La base dei «pirati» però è la Isla Hispaniola: i narcos stanno trasformando Santo Domingo in una portaerei della cocaina affacciata sull'Atlantico. Hangar mondiale di stoccaggio. Supermarket della droga aperto a tutte le organizzazioni criminali: per traffici verso gli Stati Uniti, l'Europa, l'Italia.

sommergibile dei Narcos da la Repubblica

Muli e yacht
«Aprono una pagina Facebook e ci danno le password. Le informazioni del "lavoro" si scambiano così. Quando la barca è partita chiudono la pagina. E non resta traccia». È la voce di un piccolo trafficante italiano che vive nella zona di Boca Chica. È inserito in un'organizzazione più ampia. Il gruppo usa Facebook per gestire i viaggi di grandi yacht carichi di coca. Barche che si confondono nei porti turistici.

Ma che sono in grado di attraversare l'oceano. Partono da cittadine note a chi ha passato le vacanze a Santo Domingo: Casa de Campo (zona de La Romana); Bavaro e Punta Cana (a Est); Puerto Plata (a Nord). «Approdano soprattutto sulle coste di Liguria e Toscana» racconta il trafficante a «la Lettura». «Molti altri gruppi fanno questi viaggi: spagnoli, francesi, olandesi, inglesi». Si racconta che in alcuni casi i trafficanti aggancino contenitori a tenuta stagna per la «merce» sotto gli yacht.

Il traffico è come una piramide. I grandi cartelli riforniscono la «portaerei»; gli altri comprano e trasportano per rivendere: 'ndrangheta e camorra; ma anche piccole e medie «imprese» slegate dalla criminalità organizzata; fino agli «improvvisati», gente che conosce l'isola per turismo, ha qualche frequentazione balorda in Italia e prova a fare l'affare caricandosi 3-4 chili di droga nel bagaglio per il ritorno.

«Spesso finiscono male - spiega il trafficante di Boca Chica -. Chiunque qui può comprare, ma servono comunque contatti affidabili. Molti dominicani vendono qualche chilo ai "cani sciolti". Incassano. E un minuto dopo girano l'informazione alla polizia, che va a prenderli in aeroporto». Perché rischiano? Un chilo di coca in Repubblica Dominicana costa 8-10 mila euro; in Italia, all'ingrosso, si rivende a 34-38 mila.

Ultimi casi: Enrico G., 30 anni, in partenza per Milano-Malpensa, arrestato a La Romana con due chili nel bagaglio a mano. Bruno F., 34 anni, fermato allo scalo Las Americas: aveva ingoiato 163 ovuli. Si ritrovano a fare i corrieri anche i disperati. Santo Domingo è un approdo per migliaia di italiani che hanno avuto piccoli problemi con la giustizia o con il fisco. Arrivano con qualche decina di migliaia di euro; pensano alla bella vita - mare e donne; ma questo ha un costo e le truffe sono frequenti. Finiscono sul lastrico. È a quel punto che accettano di fare i muli della coca: guadagnano 2-3 mila euro a viaggio.

«Da qui - continua il trafficante - partono corrieri italiani anche per il Canada, la Florida, Aruba e le isole dei Caraibi dove i "clienti" americani vengono in vacanza». Piccole imprese e «cani sciolti» non potrebbero mai permettersi di fare affari in Colombia o in Messico. Troppo pericoloso. Il mercato a Santo Domingo invece è accessibile.

Gli italiani registrati come residenti in Repubblica Dominicana sono poco più di 10 mila. Ma si calcola che almeno altri 50 mila vivano sull'isola come fantasmi. La legge sull'immigrazione non prevede rimpatrio per gli irregolari (solo una multa). La corruzione per procurarsi documenti e licenze è pratica diffusa.

In questo ambiente si muoveva probabilmente anche Massimiliano Spelta, massacrato a colpi di pistola insieme alla moglie dominicana Carolina Ortiz Payano mentre camminavano in via Muratori, a Milano, la sera del 10 settembre 2012. Viaggiavano da qualche tempo tra Las Terrenas e l'Italia con un paio di chili di cocaina in valigia; alcune testimonianze raccolte da «la Lettura» sull'isola raccontano che fossero entrati «in un giro di calabresi della piana di Gioia Tauro».

Container e jet privati
Nel 2012 la Dirección nacional de control de drogas ha sequestrato 8.300 chili di cocaina (quattro volte più che nel 2008). Per avere una proporzione, nello stesso anno l'Italia ha intercettato poco meno di 6 mila chili: ma la Repubblica Dominicana ha un territorio esteso appena due volte la Lombardia e circa lo stesso numero di abitanti (10 milioni). Dato che i sequestri ammontano a un decimo della droga che passa, si può stimare un traffico medio di oltre 220 chili al giorno. Quantità enorme, dovuta al fatto che sull'isola operano le maggiori organizzazioni criminali internazionali.

Il network più famoso è il cartello messicano di Sinaloa (i «signori» mondiali della droga). A Santo Domingo, Joaquín «El Chapo» Guzman, il grande capo, ha i suoi proconsoli, i «soldati», i gestori del traffico. Qui hanno preso uno dei suoi piloti, poi estradato negli Stati Uniti. Un uomo non sconosciuto a figure politiche importanti. Relazioni pericolose, come minimo. Poi ci sono gli emissari del cartello colombiano Norte del Valle, grandi esportatori di cocaina.

Lavorano con i complici in Colombia e Venezuela, le basi di partenza dei carichi. Fino al 2012 si affidavano spesso agli aerei che volano a bassa quota e «bombardano». Il mese record rimane il giugno 2007: 19 incursioni di voli della droga in 22 giorni; oltre duemila chili di cocaina scaricati. In altre occasioni gli aerei da turismo atterrano nei molti aeroporti o su piste di terra. Centinaia i voli clandestini protagonisti di raid avventurosi, talvolta con triangolazioni con la confinante Haiti.

La rotta aerea è stata però contrastata con successo negli ultimi due anni. Le incursioni dei narco-plani sono diminuite grazie ai controlli e all'interdizione imposta da Washington. Gli americani agiscono al largo con le loro unità, assistono i locali e hanno aperto una postazione radar ad Aguadilla, Porto Rico. In questi giorni è in corso l'appalto per l'installazione di nuovi radar

La Dea ritiene che i trafficanti, che agiscono spesso in collaborazione con il cartello locale di Cibao, usino Santo Domingo come punto di passaggio per trasportare la coca nel territorio portoricano e poi negli Usa. Si parla anche di viaggi dei minisub della droga, scafi semisommergibili costruiti da gang colombiane. Di solito puntano sui Paesi del Centro America, però segnalazioni da Porto Rico dicono che sarebbero attivi nella zona. Una conferma di come i narcos - aggiungono fonti statunitensi - investano con maggior decisione sulla rotta marittima.

Gli americani temono questo scacchiere, danno la caccia ai go-fast - i fuoribordo che filano con contenitori pieni di droga - studiano le connessioni con i clan attivi nell'Apure (Venezuela) e intervengono costringendo i dominicani a rafforzare il contrasto. A gennaio un altro barcone clandestino è stato intercettato a sud di Barahona: 1.500 chili di coca a bordo.

I contrabbandieri adattano le tattiche, cercano nuovi sistemi, impiegano un alto numero di corrieri. Cercano di saturare le difese. Ne cadono dieci, ne passano venti. E non mancano di inventiva. L'operazione più strabiliante risale a marzo: sulla pista di Punta Cana viene bloccato un jet privato francese, un Falcon F-50, aereo da vip che era stato noleggiato. All'interno nessun passeggero, ma 27 valige zeppe di cocaina. Destinazione: aeroporto di Versailles. Arrestato l'equipaggio, quattro francesi. Le successive indagini hanno accertato strani voli (precedenti) verso Francia e Olanda.

Il canale principale per spedire la droga in Italia resta però il commercio marittimo. Snodo chiave, il porto di Caucedo, a mezz'ora dalla capitale. Sequestri (ma soprattutto spedizioni) continui: 2 aprile 2013, sei borsoni con 198 panetti nascosti in un carico di cacao, destinazione Genova; 3 aprile 2013, 174 chili di cocaina dentro un altro container, destinazione ancora Genova; agosto 2011, sequestrati mille chili di cocaina nascosti dietro un carico di mattonelle partito da Caucedo e scaricato a La Spezia.

Trame nere e mafiose
Appoggi logistici. Succursali. Presenza di latitanti. Su questo si appoggiano le reti di trafficanti italiani in Repubblica Dominicana. Già vecchie inchieste sulla mafia tra Italia e Stati Uniti negli anni 90 documentarono una base operativa delle famiglie Gambino, Inzerillo e Spatola. Percorso poi replicato da «fuggiaschi» di camorra e 'ndrangheta. Nel 2010 vengono intercettati a Milano gli importanti contatti con Santo Domingo di Bruno Pizzata, un broker della cocaina di spessore internazionale, rappresentante delle cosche di San Luca e dell'Aspromonte.

Le trame criminali si incrociano con la storia dell'eversione di estrema destra. Negli anni Ottanta, Santo Domingo è stata una meta ritenuta sicura per i terroristi «neri». Qui nel 1992 viene individuato Carlo Digilio, neofascista di Ordine nuovo; nel 1995 viene riconsegnato all'Italia anche Enrico Caruso, legato ai Nar, latitante dall'85 e ricercato per l'omicidio dello studente di sinistra Alberto Brasili. Fonti locali raccontano di un gruppo «nero» ancora presente sull'isola.

E forse non è un caso quel che accade a Genova nel marzo 2012: i carabinieri arrestano tre uomini che stanno ritirando 165 chili di coca appena arrivata da Santo Domingo. Tra loro c'è l'ex terrorista «Lele» Macchi di Cellere, già condannato a 16 anni per banda armata. È noto come l'«angelo custode» di Pierluigi Concutelli.

 

Fonte:

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/articolo-57372.htm


MONDO - Censura a studi su droghe pari a quella per Galileo. Rivista Nature

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Notiziario ADUC - Le restrizioni imposte ai ricercatori sull'uso di sostanze considerate illegali, dalla cannabis alle metanfetamine, e''il peggior caso di censura della scienza dai tempi di Galileo'. Lo afferma un editoriale sulla rivista Nature Review Neuroscience a firma di tre esperti di neurofarmacologia, secondo cui e' il momento di allentare questi limiti. ''Le convenzioni Onu sulle droghe degli anni '60 e '70 non solo hanno aggravato i danni prodotti dalle droghe - scrivono David Nutt dell'Imperial college di Londra, Leslie King, un ex consulente del dipartimento della Salute britannico, e David Nichols della Purdue university - hanno anche bloccato per decenni le ricerche in aree chiave come la coscienza, fermando anche le scoperte di trattamenti molto promettenti''. Le prove che molte di queste sostanze sono relativamente poco pericolose, continua l'articolo, sono ormai abbastanza da richiedere che i ricercatori vengano esentati dalle complicate norme a cui devono sottostare. ''Con un approccio piu' razionale alla regolazione delle droghe - concludono gli esperti - sara' possibile fare dei grandi passi avanti nella comprensione del meccanismo cerebrale delle psicosi, trovando nuovi trattamenti per malattie come la depressione e lo stress post traumatico''.

È allarme droghe "designer", miscugli di sostanze legali che creano effetti simili agli stupefacenti illegali

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Sportellodeidiritti - La ricerca dello sballo, purtroppo, non conosce limiti ed in tempi di crisi si cerca di risparmiare anche sulle modalità per raggiungere una sbornia, lo stordimento o un'euforia incontrollabile.
Ed é così che diventa una nuova moda quella delle droghe “designer” come sali da bagno, monkees go bananas o metilone che in tempi di magra sono diventati quasi dei sostituti di cocaina, e amfetamine. Finora, si presumeva che in Italia come nel resto d'Europa, il consumo delle cosiddette droghe “legal highs”, sostanze delle quali gli ingredienti sono legali, fosse ridotto. Un sondaggio effettuato in Svizzera dalla Centrale nazionale di coordinamento delle dipendenze Infodrog, condotto tra 900 persone, e che per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, vale la pena divulgare per conoscere lo "stato dell'arte", ha rivelato tutto il contrario: i due terzi degli intervistati, infatti, hanno affermato di aver provato almeno una volta una droga che rientra nel gruppo delle cosiddette “legal highs”.


Continua a leggere sul sito dello Sportello dei Diritti

Mystic chemist: the life of Albert Hofmann

DROGHANISTAN - A KABUL PER UN CHILO DI OPPIO I CONTADINI RICEVONO 203 $, PER UN CHILO DI GRANO 43 CENT: INDOVINATE COSA COLTIVANO…

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C’è un commercio in Afghanistan che è molto fiorente, tanto che presto diventerà il primo al mondo: quello della droga - Nelle zone abitate dai talebani la produzione di oppio cresce a dismisura - D’altronde i contadini per un chilo di oppio ricevono 203 dollari, per un chilo di grano 43 centesimi

 

Lorenzo Cremonesi per "Il Corriere della Sera-La Lettura"

La notizia non è delle migliori: la produzione di oppio in Afghanistan cresce. Quest'anno il raccolto sarà eccezionale. Nel 2012 un parassita e la siccità avevano penalizzato i contadini. Ma ora le piante sono floride e da ottobre ad aprile ha piovuto e nevicato in continuazione. Una manna per i signori del narcotraffico internazionale. Lo confermano le autorità di Kabul.

«Non siamo riusciti a bloccare la coltivazione della droga. Purtroppo ha fallito la Nato, che ora se ne va lasciandoci la patata bollente. Vedremo cosa potranno fare le nostre nuove forze di sicurezza» ammette lo stesso ministro del Commercio, Waifullah Ulhaq Ahady, che abbiamo incontrato nel suo ufficio nella capitale afghana.

Soprattutto lo si legge nero su bianco in un recente rapporto della Unodc (che sta per United Nations Office on Drugs and Crime), l'agenzia delle Nazioni Unite che cerca di studiare e debellare il narcotraffico. Unodc che ammette apertamente il buco nell'acqua.

La potente coalizione internazionale che dal 2001 opera in Afghanistan, infatti, se ne andrà entro la fine del 2014 senza aver sostituito in modo significativo i campi di papaveri con grano, zafferano o alberi da frutta, come avevano invece promesso i Paesi donatori nel periodo di esuberante ottimismo seguito alla caduta del regime del Mullah Omar e la fuga di Osama Bin Laden in Pakistan, eventi che risalgono a 12 anni fa.

 

Peggio di Colombia, Bolivia e Perù. L'Afghanistan sta diventando il numero uno tra i narco-Stati nel mondo. Già ora dai suoi campi si ricava il 75 per cento dell'eroina mondiale. E il dato pare destinato a salire di 15 punti, sino a superare il 90 per cento. Male, perché se è vero che la produzione della droga si associa tradizionalmente all'instabilità dei governi, ciò significa che la sovranità dello Stato centrale afghano è destinata a restare minacciata, caduca, in costante pericolo.

Secondo il rapporto Unodc, almeno dodici delle 34 province del Paese vedono una netta crescita della produzione. Nelle altre la situazione è questa: sette non fanno registrare mutamenti significativi nei livelli di produzione, 14 sono considerate non produttrici, ma in tre (Balkh, Faryab e Takhar) pare che la coltivazione sia ripresa dopo le sospensioni degli anni scorsi.

L'unica regione nella quale il raccolto viene segnalato in evidente diminuzione è quella occidentale di Herat, dove sono acquartierati i circa tremila soldati del contingente italiano. Ma quelle dove invece il fenomeno appare in grande espansione sono soprattutto Kandahar, Helmand, Nangharar, Kunar e Badakshan: non a caso tradizionali roccaforti delle milizie talebane e dove i signorotti della guerra locale ormai da qualche anno sono tornati a imporre la loro autorità a spese del governo di Kabul.

Secondo esperti americani citati dal «New York Times», le aree coltivate sarebbero tornate a superare per estensione quelle censite nel 2008, considerato uno degli anni di massima produzione.

Da allora i contingenti Nato si erano concentrati nella lotta alla droga. Nel 2010 la cosiddetta surge, la massiccia e capillare presenza delle truppe anglo-americane nel Sud e nell'Est del Paese, parve condurre a risultati concreti. Per la prima volta persino Helmand e Kandahar segnalarono nette diminuzioni nel raccolto.

Ma poi gli americani se ne sono andati (assieme ai contingenti più piccoli di britannici e canadesi) e i contadini non hanno saputo resistere alle leggi del profitto: per un chilo di oppio ricevono 203 dollari, contro un dollaro e 25 cent per un chilo di riso e 43 cent per il corrispettivo in grano.

Spiega a «la Lettura» il ministro Ahady: «Abbiamo calcolato che il nostro export di droga frutti complessivamente ai contadini tre miliardi di dollari. Tanto, specie se si pensa che l'export nazionale di frutta fresca non supera i 300 milioni e quello di frutta secca 500. In più, visto che è illegale, non pagano tasse. Le loro entrate sono nette. Ma naturalmente i guadagni veri li fanno i grandi narcotrafficanti, che possono spartirsi annualmente un bottino pari a 50 o anche 60 miliardi di dollari».

 

Soldi facili, dunque, e con investimenti poco rischiosi a parità di entrate. La droga si coltiva infatti da un anno all'altro. La sospensione dell'attività non danneggia gli investimenti. Tutto diverso invece per gli alberi da frutta, dove in media per almeno un decennio dalla prima semina non ci sono guadagni.

Nel 2001, l'anno dell'eclissi della teocrazia talebana, la produzione e il commercio della droga costituivano la metà del prodotto nazionale lordo. Oggi quel dato è sceso a un settimo. Ma la situazione resta instabile, l'insicurezza sulle strade, le difficoltà dei trasporti potrebbero aggravarsi danneggiando ulteriormente la già fragile economia locale. E allora l'oppio rischia di tornare il prodotto bandiera afghano.

fonte www.dagospia.com/rubrica-4/business/droghanistan-a-kabul-per-un-chilo-di-oppio-i-contadini-ricevono-203-per-un-57375.htm

Le droghe leggere per sviluppare nuovi farmaci?

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A. Sofia -  Per David Nutt le leggi restrittive sull'uso terapeutico di stupefacenti come cannabis e Mdma hanno rallentato i progressi della medicina


Giornalettismo - C’è chi lo definisce come il peggior caso di censura scientifica, dai tempi dell’abiura di Galileo e dei divieti della Chiesa alla teoria eliocentrica di Niccolò Copernico. Non pochi scienziati ritengono la messa al bando di alcune droghe come la cannabis, ecstasy e LSD come una limitazione ai progressi della scienza e della medicina. Tra questi l’ex consulente del governo britannico David Nutt, “licenziato” dal ministro dell’Interno Alan Johnson nel 2009, che ha spiegato sull’Independent come le convenzioni delle Nazioni Unite sulle droghe del 1960 e 1970 abbiano ritardato lo sviluppo di “trattamenti innovativi” e danneggiato la ricerca.


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Colorado come Amsterdam, nascono i "caffè dell'erba"

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M. Petrelli - Un ex manager di Microsoft pronto a investire in una catena di Starbucks della cannabis. Negli Usa, marijuana libera in 18 stati


scienza.panorama.it - Marijuana in vendita al supermercato. Una catena di “bar dell’erba”, come Starbucks per il caffè, ideata da James Shively, ex manager di Microsoft. Avverrà in Colorado, uno degli stati che lo scorso autunno ha legalizzato l'uso della marijuana a scopi ricreativi. Secondo l'Huffington Post, Shively avrebbe pronti 100 milioni di dollari in tre anni per lanciare il marchio “Diego Pellicer”, nome dato in omaggio al suo trisavolo. L'iniziativa è piaciuta molto all'ex presidente del Messico, Vicente Fox, che ha raccontato come la guerra alla droga stia devastando il suo paese. A Washington, però, nonostante la legislazione favorevole l'idea non incontra particolari favori e viene vista come speculazione. Il progetto anche se affascinante non è comunque semplice da realizzare, dal momento che, in molti stati, la marijuana è contro la legge.


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cocaina

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salve, ho fatto 3 righe tra maggio e giugno di cocaina...eh a lugli oho il capello risulto positiva? e se faccio una o due deco? un altra cosa,ma per caso esiste un li mite minimo grazie al quale la sostanza risulta negativa? 


Test saliva positivo con fumo passivo

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L'altra sera sono stata fermata ad un posto di blocco mente guidavo l'auto e mi è stato fatto fare il test della saliva cozart dds a cui sono risultata positiva perché ero stata in contatto con persone che avevano fumato. A seguito di ciò mi è stata ritirata la patente per 10 giorni in attesa dei risultati delle analisi del sangue. Mi è stato detto che essendo stata negli ultimi mesi in contatto con persone che fumavano potrei aver assimilato e che quindi ciò potrebbe essere visibile negli esami del sangue. Che giustizia è ritirare la patente perché sotto l effetto di sostanze stupefacenti a qualcuno che nemmeno ha fumato?

La morte del futuro: la piaga della droga devasta l'Afghanistan. E tocca anche i bambini

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IlSole24Ore - Lo scheletro del palazzo reale distrutto di Darul Aman, di notte, si trasforma in un girone dell'inferno. E' qui che si raduna gran parte dei tossicodipendenti di Kabul, ormai più di 60.000. Ruderi e quartieri degradati, per ospitarli, non mancano in città. Di giorno, occupano le strisce di prato che dividono le poche strade asfaltate o si rifugiano sotto i ponti. Oggi, in Afghanistan, i tossicodipendenti sono più di un milione, c'è chi parla di un milione e mezzo, un terzo, sono donne e bambini. Un dato in aumento costante, che porterà l'Afghanistan ad avere il più alto consumo mondiale di droga pro capite. E l'Aids, lo ‘tsunami silenzioso', miete sempre più vittime. Un mondo perduto che ha scarsissime possibilità di riscatto.

In un paese economicamente e socialmente devastato, nell'insicurezza e nella disoccupazione crescente, la droga ha gioco facile. I prezzi sono popolari, meno di 5 euro al grammo. Sempre troppi per chi non ha reddito o guadagna mezzo dollaro al giorno. Significa trascinare la famiglia nella miseria. La tossicodipendenza degli uomini devasta ulteriormente la vita, già drammatica, delle donne, esasperando la violenza domestica. "Ho sposato mio cugino a 12 anni - racconta Maleya, di Kabul, ospite della ‘casa protetta' della Ong Hawca -. Ho visto subito che qualcosa non andava, non lavorava, si iniettava droga, era arrabbiato, violento. Quando ho cominciato a lavorare di nascosto, per far sopravvivere le mie figlie, mi portava via i soldi a suon di botte. Adesso, per pagarsi le dosi, vuole farmi prostituire. E' a questo punto che sono scappata."

 

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Vivere rischiando, così il giocatore d'azzardo mette in pericolo la sua vita

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CesDop - Il giocatore d'azzardo è affetto da un disturbo del comportamento caratterizzato da impulsività, scelte rischiose ed eccessiva ricerca di denaro con sottostima delle conseguenze negative.  I ricercatori dell'Università di Lione (Francia) hanno utilizzato delle tecniche d’indagine tratte dalle discipline economiche permeglio comprendere le motivazioni sottostanti la rischiosa presa decisionale dei giocatori d'azzardo patologici. Il presupposto teorico della ricerca ha permesso di confrontare due ipotesi, la prima che considera distorto nei giocatori d'azzardo il concetto probabilistico di vincita, la seconda invece che ritiene che nei giocatori d’azzardo ci sia, in generale, una sovrastima delle probabilità. Sono stati reclutati 18 giocatori d’azzardo e 20 soggetti di controllo non giocatori. Tutti i partecipanti hanno eseguito uncompito decisionale basato sulla scelta tra un premio monetario sicuro e un gioco rischioso. Il compito è stato compilato on-line e sono state raccolte informazioni sulla percezione della sicurezza, in base alle decisioni prese dai soggetti, permettono ai ricercatori di determinare dei predittori di "certezza" associati al grado o peso attribuito dai giocatori alla probabilità dei giochi.I dati comportamentali sono stati poi analizzati attraverso l’utilizzo di unaparticolare funzione matematica nota come "funzione del peso probabilistico". L'analisi matematica ha permesso ai ricercatori di discriminare tra le ipotesi dipartenza, in particolare di essere maggiormente favorevoli alla seconda. I giocatori patologici sembrano, infatti, avere un comportamento che riflette una soggettiva attribuzione del peso probabilistico globalmente spostata verso ilrischio, piuttosto che una distorsione dell’attribuzione. Il parametro matematico si è mostrato inoltre correlato con laseverità della dipendenza dal gioco d'azzardo nei giocatori e con l'affinità algioco nei soggetti di controllo. Questo parametro potrebbe essere consideratoun valido aiuto per un uso clinico dello studio decisionale nella dipendenza dal gioco d’azzardo.

(Psychological Medicine)

“A Dio non importa se ti fai una canna”

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Un gruppo di pastori protestanti si sta impegnando contro la "guerra alle droghe"


Giornalettismo - Un gruppo di pastori protestanti si sta impegnando contro la “guerra alle droghe” e l’effetto devastante che avrebbe in particolare sulla comunità di colore.

LA CONFERENZA - Alla conferenza “Un punto di vista dal pulpito: ministri della fede e depenalizzazione della droga”, tenuto al College Battista di Nashville, i religiosi si sono concentrati sull’ingiustizia morale delle leggi sulla droga, più che sulle droghe stesse. Infatti, gli afro-americani negli Stati Uniti, corrisponderebbero  al 13% della popolazione e al 13% dei consumatori di droga, il 38% di quelli arrestati per droga e il 59% di quelli condannati per reati collegati alla droga.

A DIO NON IMPORTA - Il reverendo John Jackson ha parlato del suo credo in Gesù e nella Marijuana: “vi sono state molte persone che mi hanno detto ‘reverendo, fumo erba e so che non dovrei’.


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prime pubblicità per la canapa negli USA

non ho ancora capito cosa devo aspettarmi

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ho fumato il 4 maggio incidente il 2 giugnko il 118 mi ha dato morfina 2 volte esame tossicologico,oppiacei alti,ora attendo esame di conferma,cosa devo aspettarmi?

Metalli pesanti nelle sigarette elettroniche. Guariniello apre una nuova inchiesta

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Il settimanale dei consumatori "Il Salvagente" ha fatto analizzare dall'Università Federico II di Napoli il liquido contenuto in sei diversi campioni di e-cig. I risultati sono allarmanti: trovati piombo, camdio, cromo e arsenico. Il procuratore di Torino, che da tempo indaga sul prodotto, apre un ulteriore fascicolo di indagine

a cura di MONICA RUBINO


LaRepubblica - ROMA - Piombo, cadmio, cromo e arsenico. Sono solo alcuni dei metalli pesanti, tossici o peggio cancerogeni, presenti nei sei liquidi per sigarette elettroniche che il settimanaleil Salvagente ha fatto analizzare dal dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli e che denuncia in un ampio dossier sul settimanale da oggi in edicola.


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ITALIA - Cocaina. Forum droghe: osservare i consumatori invisibili

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Notiziario ADUC - Porre sotto i riflettori il fenomeno dei cosiddetti 'consumatori invisibili' di cocaina, ovvero coloro che sono in grado di autoregolarsi senza entrare nella spirale della dipendenza e che per questo non si rivolgono ai servizi per le tossicodipendenze. E' l'obiettivo di una ricerca, la prima in Italia, presentata nella sede della Regione Toscana a Firenze, nell'ambito di un seminario su 'Cocaina, dalla ricerca a nuovi modelli di intervento', organizzato dal Forum droghe. Come spiegato da Grazia Zuffa del Forum droghe ''la maggioranza degli assuntori di cocaina non tende verso la dipendenza, ma verso la moderazione del consumo''. ''La gran parte delle ricerche - ha aggiunto - avviene su campioni di persone che hanno problemi pesanti con la cocaina, ma questo e' un campione ristretto. Sarebbe come analizzare il consumo di alcol guardando solo all'esperienza di chi e' negli alcolisti anonimi. Non offre un'effettiva evoluzione del fenomeno nella popolazione generale''. Secondo Zuffa ''esite un consumo non dipendente con consumatori che imparano a fare un utilizzo piu' moderato della cocaina, passando attraverso picchi di consumo ad altri di minore utilizzo. Queste persone non si rivolgono pertanto ai Sert e la ricerca presentata oggi e' utile per avere nuovi modelli su cui basare i servizi''.
''I soldi spesi per analizzare l'acqua delle fogne cittadine alla ricerca di tracce di cocaina sono sostanzialmente buttati via''. Lo ha detto sempre Grazia Zuffa a margine del seminario, rispondendo a chi le chiedeva un commento su una recente analisi sulle tracce di cocaina nelle acque reflue, che ha 'incoronato' Firenze come capitale italiana del consumo di 'polvere bianca'. Secondo Zuffa tale tipo di analisi e' inutile perche'''dicono qualcosa sulla diffusione di una sostanza ma non spiegano quali sono i modelli di consumo. Non e' un dato che illustra cosa avviene e come e' il consumo'' mentre, ha spiegato, e' su questo tipo di dati che si possono sviluppare i servizi sulle tossicodipendenze.

STUDY-DRUG esami di maturità e doping cerebrale rischiose illusioni

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“I cognitive enhancers (CE) sono un gruppo eterogeneo di farmaci utilizzati per aumentare le normali capacità cognitive. (…) I CE più gettonati, le amfetamine, il metilfenidato e il modafinil, migliorano l’efficienza cognitiva indirettamente, agendo su processi non cognitivi, come il tono dell’umore, l’impulsività, la motivazione, lo stato di allerta. Per questo motivo, i CE non aumentano le facoltà cognitive individuali normali. Ne migliorano l’efficienza solo se ridotta da fattori estrinseci, come la fatica, la mancanza di sonno, la scarsa motivazione o il basso tono dell’umore. Questi CE sono prescrivibili per specifiche condizioni morbose (le amfetamine e il metilfenidato per l’ipercinesi del bambino; il modafinil per la narcolessia) e il loro uso come CE è illecito (amfetamine emetilfenidato), o fuori prescrizione (modafinil). (…) Sono psicostimolanti che condividono con la cocaina lo stesso meccanismo d’azione, la capacità di stimolare la dopamina cerebrale. (…) Gli psicostimolanti hanno quindi un elevato rapporto rischio /beneficio e questo, al di là degli aspetti legali, ne proscrive l’uso come CE. Ma nella categoria dei CE si trovano, a torto o, raramente, a ragione, una serie di altri farmaci, presenti in preparati ottenibili in farmacia senza prescrizione (OTC) o di vari energy drink. Tra questi, il più comune è la caffeina, con proprietà stimolanti distinte da quelle dei CE psicostimolanti e privo di proprietà assuefacenti (addictive) ma che può dare effetti collaterali ad alte dosi (tachicardia, extrasistolia, insonnia)”. Gaetano Di Chiara dell’Università di Cagliari,

Dalle notti insonni sui libri a quelle passate su internet cercando qualche scorciatoia per studiare di più, ma con meno fatica. Oggi, purtroppo, avanza la figura del "dopato cerebrale" che, in rete o dallo spacciatore, si procura le study-drug, farmaci psicostimolanti prescritti per determinate patologie ma assunte dagli studenti per potenziare memoria e concentrazione. I più cercati sono quelli per la cura di malattie psichiatriche e neurologiche come il piracetam (morbo di Alzheimer), l' hydergina (demenza senile), il metilfenidato (sindrome da deficit di attenzione e iperattività) e il modafinil per la narcolessia. Da un sondaggio di Skuola.net emerge, infatti, che il 64% degli studenti ha difficoltà di concentrazione e il 20% di memorizzazione. E allora basta collegarsi a internet per procurarsi in pochi click sostanze illegali come le smart drug (di origine naturale o sintetica attive sul sistema nervoso)e farmaci con obbligo di ricetta. Su alcuni drugstore online si può acquistare liberamente, per esempio, un flacone di piracetam da 40 capsule a 45 sterline. Gli esperti però smentiscono i presunti effetti benefici e mettono in guardia sui potenziali rischi che possono essere anche gravi: «Non esistono sostanze che aumentano le capacità cognitive - avverte Simona Pichini, dell' Osservatorio fumo, alcol e droga dell' Istituto superiore di sanità - anzi l' assunzione da parte di soggetti sani di farmaci nati per specifiche patologie può comportare effetti collaterali a livello del sistema nervoso centrale e cardiocircolatorio». Ma l' acquisto di psicofarmaci di vario tipo, ovviamente senza ricetta, non è nuovo. Nel 2012 il rapporto Espad dell' Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr) ha individuato un 15,4% di ragazzi che si è procurato senza la necessaria prescrizione farmaci attivi sul sistema nervoso, indicati per trattare insonnia, depressione, iperattività, obesità e disturbi dell' attenzione. Ed è proprio quest' ultima categoriaa subire un' impennata verso i 19 anni, età della maturità (la media è del 3,7%). La preparazione casalinga del prodotto, invece, risulta molto difficile in mancanza di specifiche competenze chimiche. Non mancano però i casi di "kitchen laboratory", laboratori illegali diffusi soprattutto nell' est Europa che poi rivendono i farmaci contraffatti al mercato nero. Sempre per restare svegli e quindi studiare di più, il classico rimedio di bere caffè è stato superato dagli energy drink, bevande analcoliche a base di caffeina, taurina, carnitina, creatinae vitamine del gruppo B, che contribuiscono alla riduzione del senso di stanchezza. Una sola lattina può equivalere a più tazzine di caffè e abusarne può provocare tachicardia. Eppure quella degli energy drink è una tendenza in crescita, soprattutto tra i maschi: a 19 anni, la quota di consumatori (da almeno una lattina in su) è del 58% (contro il 30% delle ragazze) e gli studenti che ne bevono più di venti nel corso di un mese sono stabili dal 2009 (3%). Un quarto degli studenti si affida agli integratori alimentari e polivitaminici per la memoria nonostante la loro dubbia efficacia. «Nel caso di soggetti giovani- spiega Vitalia Murgia, docente di fitoterapia alla Sapienza di Roma possono rivelarsi utili le piante ad azione "adattogena" cioè quelle che aiutano il nostro organismo a far fronte a situazioni di stress fisico e mentale. Tra queste la più conosciuta è il ginseng (Panax Ginseng)». In ogni caso qualsiasi integratore, per essere d' aiuto, deve essere associato ad uno stile di vita sano. «Consiglierei a chi fatica a trovare il ritmo di studio - aggiunge la Murgia - di garantirsi almeno sei ore di sonno, del tempo libero per sfogare tensione e stanchezza e, soprattutto, usare meno il computer». Dall' università di Oxford è appena arrivato uno studio molto promettente, pubblicato sulla rivista Current Biology, da cui risulta un miglioramento delle abilità aritmetiche dopo stimolazioni elettriche del cervello indolori. Con sole 5 sedute i ricercatori hanno riscontrato, nei soggetti sottoposti all' esperimento, una sorprendente rapidità nell' eseguire conti a mente. L' obiettivo a lungo termine è quello di praticare questa stimolazione in ambito clinico e scolastico, dai bambini affetti da disturbi di apprendimento agli anziani con problemi degenerativi, ma la stradaè ancora molto lunga e tortuosa. Quello del potenziamento cognitivo è un tema di grande attualità, affrontato recentemente anche dalla prestigiosa rivista americana Neurology, perché oggi la richiesta di miglioramento delle prestazioni per stare al passo con i ritmi frenetici della nostra società è sempre più insistente. Tra i consumatori clandestini, infatti, non ci sono più solo studenti, ma anche manager e medici.

BEATRICE TOMASINIricerca.gelocal.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/06/18/study-drug-esami-di-maturita-doping-cerebrale-rischiose.html

la siringa nel giardino della scuola

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Nel giardinetto della scuola elementare frequentata da mio figlio un bambino ha trovato e raccolto una siringa. Il fatto è stato da molti ritenuto sconvolgente e si è aperto un dibattito sul come e sul perché tale oggetto sia finito nel giardinetto. L’opinione comune è che un eroinomane con l’Aids, dopo essersi iniettato la dose, in spregio all’infanzia abbia gettato di proposito la siringa nel giardino della scuola, al solo scopo di profanare l’innocenza e magari di riuscire a contagiare qualche giovanissima creatura. Può anche darsi, per carità, perché davvero nulla si può escludere che di malvagio possa accadere. Così i genitori sono insorti e hanno subitamente preparato una petizione in cui si denuncia tale ignominioso accadimento che poteva mettere a repentaglio la vita e la salute di un giovane virgulto e si chiede con fermezza e decisione che vengano presi opportuni quanto severi provvedimenti atti a evitare che una cosa del genere possa ripetersi. Cosa chiedono? Di mettere un reticolato al posto del cancello, e poi mettere telecamere e aumentare il servizio di polizia intorno alle scuole. E come mai non una garritta con la guardia armata tipo Deserto dei Tartari?

DOMANDE – Le domande suscitate da questa vicenda sono molte: 1-La siringa doveva per forza essere di un eroinomane? Non c’era scritto sopra a chi apparteneva. In teoria poteva essere di un diabetico, di un anziano, di uno che aveva appena subito un intervento. Se è così automatico che siringa uguale drogato, allora tutte le volte che trovo un tappo per strada vuol dire che è di un alcolizzato? 2-La polizia deve pattugliare di più la mattina prima dell’inizio delle lezioni (a volte ci sono davanti a scuola un paio di poliziotti, ma le scuole sono molte di più delle volanti e delle gazzelle), durante le lezioni o di sera tardi, quando i drogati si aggirano intorno alle scuole? 3-In che scuole deve stare la forza pubblica? Più in quella del centro dove è stata trovata una siringa in un decennio e c’era il genitore che conosceva il giornalista o in quella di periferia dove di siringhe ce ne sono molte di più, ma sono considerate un fatto normale? 4-Non è più utile, economico ed ergonomico, al posto di mettere telecamere, innalzare muri e chiudere i ragazzini nei caveau, insegnare loro che non bisogna raccogliere le siringhe da terra, anzi che non bisogna raccogliere in generale le cose da terra?

ANTICA CONSUETDINE – Un tempo mi ricordo era in voga questa pratica incredibile di spiegare ai ragazzini, fin dalla più tenera età, che certe cose non si fanno. Mia nonna per esempio come metodo faceva così: una volta illustrava e la seconda volta, se il concetto non si era impresso in maniera adeguata, lo imprimeva lei sulla mia pelle con l’aiuto delle sue manone da contadina, che erano come dei badili. Era lo sgiafòn, lo schiaffone, che aiutava a capire molte cose. Quella dello sgiafòn è una pratica sulla quale si può legittimamente dissentire. Ma su quello che veniva prima no. In questo modo, cercando di far evolvere le giovani generazioni per tempo, li si portava entro i dieci anni a capire un bel po’ di cose. Anche adesso ci sono alcuni che si ricordano di queste vecchie leggende, appartenenti ai tempi in cui, al posto di erigere barriere divisorie e accendere telecamere per proteggere gli infanti da pericoli spiegabili e gestibili, si utilizzava una cosa che ormai non è più di moda: l’educazione.

LA PAROLA GRAZIE, QUESTA SCONOSCIUTA– A quei tempi i bambini imparavano per esempio che se qualcuno fa una cosa per te, se il gelataio ti porge il gelato o il panettiere la brioche o il barista la bibita, devi dire grazie, e quando esci da un posto devi dire ciao o buongiorno o buonasera. Tra i precetti c’era anche il non raccogliere le siringhe. E la cosa funzionava. Se ci mettiamo a chiamare i caschi blu dell’Onu ogni volta che c’è un minimo problema, come possiamo insegnare ai nostri ragazzi a intraprendere la santa strada verso l’imparare ad arrangiarsi? Quando succede qualcosa di serio bisogna rivolgersi alle autorità, ci mancherebbe altro, ma non possiamo pensare che la società intera si debba mobilitare per ovviare alle nostre prigrizie educative, al nostro buonismo nei confronti dei figli nostri, e dei nostri soltanto, perché quelli degli altri ovviamente si devono arrangiare e devono un po’ svegliarsi. Facciamo i figli tardi e poi pretendiamo di crescerli come dei tonti, che restano in fasce fino al liceo e anche oltre. Voglio vedere poi la prima volta che escono da soli, questi poveri ragazzi. Come può un genitore non essere in preda al terrore, quando sa che sta affidando al mondo una persona impreparata e che è tale perché il genitore, che gli ha fatto fare quelle venti attività extracurricolari tra cui sport, musiche, lingue straniere, scuola di bonzo tibetano e derviscio rotante eccetera, si è dimenticato di dirgli come si fa ad attraversare la strada?

SPERANZA – Il segnale di speranza viene appunto dal ragazzino che ha trovato la siringa, il quale, essendo piccolo ma non stupido, non l’ha maneggiata impropriamente, non si è punto, ma anzi l’ha portata all’insegnante chiedendo che fosse smaltita al più presto per evitare che qualcuno si facesse male. L’isteria è nata dopo, negli adulti. Evitando di demonizzare le siringhe e di mobilitare ogni tre per due i marines, impartendo la vecchia sana educazione, si può magari anche ottenere una nuova generazione più tollerante, che sa molte più cose perché ha fatto mille corsi, ma che è capace di ringraziare quando serve e che prova compassione per chi è vittima di un dramma come l'eroina.

 

depressione attacca di panico mai provati

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La Redazione

Oltre l’allarme, guida al bere giovanile

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Allaman Allamani, Il Manifesto

 “Alcol e Giovani” (Giunti, pp. 235, € 12,50), è un libro che presenta con accuratezza e stile discorsivo i problemi del bere giovanile oggi in discussione in Italia, ricorrendo a studi, interviste, e ritagli di cronaca. L’autrice è Franca Beccaria, sociologa dedicata a esplorare l’universo dei giovani dalla prospettiva dell’alcologia: ne aveva già pubblicato uno spaccato in Alcol e Generazioni (Carocci, 2010).  
Il libro, preceduto da una prefazione di don Luigi Ciotti, sempre in prima linea nell’attenzione ai problemi dei giovani e alla ricerca delle soluzioni, si muove lungo alcune direttrici intersecantisi. Da un lato, vi si trova la descrizione ragionata dei problemi a cui i giovani possono andare incontro dopo l’uso e l’abuso di alcol: ubriachezza, incidenti stradali, dipendenze. Qui la Beccaria fa giustamente la distinzione, usualmente trascurata, tra i problemi da consumo eccessivo, la dipendenza alcolica, e il fenomeno emergente del binge drinking  o abbuffata alcolica. Il binge drinking , che è oggi definito come una serie di bevute, pari a sei bicchieri assunti in un limitato periodo di tempo -  è in realtà l’etichetta anglicizzante di una condotta non ignota nel nostro paese.
Il testo affronta criticamente anche il concetto di rischio, mettendone a fuoco l’ambivalenza tra la sua connotazione paurosa – abuso nel bere foriero di danni e devastazioni individuali e sociali – e la qualità positiva di emancipazione dell’adolescente. Vi troviamo una rassegna equilibrata dei tipi d’intervento usualmente previsti in Italia, in particolare la prevenzione e il controllo dell’abuso nel bere giovanile, su cui l’autrice mantiene la libertà di osservare quanto le azioni progettate e attuate facciano i conti con la scarsa ricerca italiana nel campo (anche se con alcune eccezioni, grazie anche alla Beccaria). Il risultato è che i progetti si basano perlopiù su linee guida elaborate e testate in altri paesi, ricchi di studi, ma distanti dalla nostra cultura per modi di bere e relativi problemi.  
L’autrice non si sottrae all’argomento scottante dell’odierna diffusione del bere tra i giovani, che porta spesso alla conclusione che i giovani sono così diversi da come eravamo, e  che si stanno distruggendo di sera e di notte con shots, botellon, e alcopops;  ma adduce vari argomenti e ricerche, che invece indicano come, sia pure con i cambiamenti  dovuti alla globalizzazione,  i modi del bere dei nostri giovani spesso si pongano in continuità col  modello mediterraneo che attribuisce valore positivo al bere vino e altre bevande alcoliche in un contesto di moderazione e di socializzazione. In questo senso un elemento decisivo è il modello di condotta dei genitori, che fonda le basi dei comportamenti futuri dei figli. 
Il modo con cui i media trattano l’argomento, orientati come sono da anni a “liberare le emozioni” del lettore, con notizie drammatiche che sollecitano  paura, scontentezza e insicurezza, e promuovono atteggiamenti di proibizione, controllo e punizione, non fa giustizia ai problemi dei giovani e alle soluzioni per affrontarli. In questo caso, quanto i giovani servono di specchio agli adulti? Quanto ne riflettono invece le paure, rendendo così opaca la possibilità di vedere i veri problemi? E infine, quanto i giovani sono davvero all’attenzione della società italiana? La lettura del libro, incluso il breve glossario allegato, può fornire una buona base informativa agli educatori, ai giornalisti, e al comune cittadino, per orientare le proprie opinioni e le proprie azioni.

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